Tuo figlio non vuole andare a scuola. Che fare?
Un bambino che rifiuta di andare a scuola incontra ancora molta incomprensione. Eppure la fobia della scuola riguarda sia i bambini che gli adolescenti. Occorre identificarla e aiutare i ragazzi a superare quest’ansia.

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Più che di fobia scolastica, la psichiatra Marie-France Le Heuzey preferisce parlare del rifiuto di andare a scuola, meno stigmatizzante. “Esiste un certo numero di bambini e di adolescenti per i quali l’ambiente scolastico è una sofferenza, o comunque fonte di grandi difficoltà”, precisa. Questo fenomeno, molto legato all’assenteismo, è in aumento. Banalizzare questi alunni che marinano la scuola, con o senza il permesso dei genitori, non è la soluzione. Ma chi sono questi bambini che hanno il “mal di scuola”? Come aiutarli?
Diversi disturbi all'origine della fobia scolastica
Le manifestazioni sono spesso di ordine fisico: mal di pancia, mal di testa, vomito o diarrea accompagnano spesso la richiesta di non andare a scuola. Questi sintomi possono apparire sin dalla scuola materna e continuare fino alle scuole medie. Possono nascondere alcune problematiche, a cominciare dalla più nota: la difficoltà di separazione. Alcuni bambini sono pietrificati dall’angoscia all’idea di lasciare il grembo materno. Per quanto sia una cosa normale e temporanea all’asilo, se le crisi persistono occorre affrontare il problema. Più in là questi bambini potrebbero manifestare difficoltà ad andare al campo scuola o in settimana bianca con i compagni di classe.
Vi sono poi altri fattori all’origine dei disturbi fisici che possono far pensare alla fobia scolastica: difficoltà di apprendimento, osservazioni umilianti da parte dei professori, panico prima delle verifiche… Senza dimenticare quelle che possono essere definite vere e proprie forme di racket (per cellulari, vestiti firmati, soldi). Tutti elementi che permettono di distinguere un rifiuto della scuola “accertato” da un semplice tentativo di marinare la scuola. Se è il caso, ci si può rivolgere al proprio medico di fiducia per avere una diagnosi più precisa.
All'origine della fobia scolastica: l'ansia
Il rifiuto di andare a scuola può manifestarsi dopo un evento particolarmente importante. “Tuttavia, invece di una singola causa, è meglio ricordare un insieme di elementi”, precisa la Dott.ssa Le Heuzey. È il caso di Giulia, 13 anni, presa in antipatia dal suo professore di matematica proprio mentre i suoi genitori si stavano separando. È solo in seguito a un racket che ha manifestato forti sintomi di fobia. “La fobia scolastica è al crocevia tra una certa fragilità interiore e l’accumulo di fattori esterni”, aggiunge la psichiatra. I bambini di natura ansiosa, angosciati, che soffrono di bassa autostima, sono più minacciati dal fenomeno. Queste personalità più vulnerabili gestiscono meno bene gli obblighi di performance, oppure incontrano difficoltà di apprendimento o di concentrazione, quando non è l’approccio relazionale con i compagni di scuola o con i professori a pesare. Di conseguenza, provano un sentimento d’insicurezza o di angoscia che non li abbandona. Ecco perché bisogna cominciare dalla valutazione di tutti i fattori, allo scopo di capire come sia possibile agire su quelli esterni, ma anche su quelli interni. Riconosciuta come disturbo invalidante dal 2005, la fobia scolastica deve essere affrontata da diversi angoli.
Reagire davanti alla fobia scolastica
Quando il bambino manifesta un rifiuto, i genitori spesso non sanno cosa fare: da un lato hanno la tentazione di cedere al suo “desiderio”, dall’altro vorrebbero non tenerne conto e obbligarlo ad andare a scuola. “Il bambino ha bisogno di essere ascoltato e compreso nella sua difficoltà”, afferma la Dott.ssa Le Heuzey. Quest’ultima raccomanda di rivolgersi a uno psicologo o a uno psichiatra infantile che potranno aiutare il bambino e sapranno ristabilire un legame con la scuola. Alcuni comportamenti sono da evitare. “Incoraggiarlo a restare a casa è fortemente sconsigliato”, insiste la Dott.ssa Le Heuzey. Giustificare le angosce del bambino con una mancanza da parte del sistema scolastico e dei professori non è auspicabile. Oltre all’aspetto pedagogico, la scuola offre al bambino l’opportunità di socializzare. Egli ha bisogno, piuttosto, di essere incoraggiato a riavvicinarsi alla scuola.
In caso di racket, o di partecipazione “abusiva” a giochi pericolosi, si consiglia di coinvolgere maggiormente l’istituto scolastico. Il bambino deve sentire di essere sostenuto nel fatto che i suoi aggressori hanno torto. Fargli cambiare scuola non è necessariamente la soluzione, a meno che non si tratti di casi estremi. Anche in questo caso, avverte la psichiatra, “è meglio verificare se esiste un terreno ansioso, e trovare una soluzione”. Fornire al bambino i mezzi per gestire certe situazioni difficili può evitare l’allontanamento dalla scuola, e quindi una successiva desocializzazione. Il cortile di una scuola, infatti, è un luogo in cui i bambini possono confrontarsi, così come gli adulti, del resto.
Catherine Maillard

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